Avendo lavorato per diversi anni, in una delle più prestigiose società di consulenza a livello mondiale, la mia esperienza professionale mi ha portato per lungo tempo, all’interno di aziende, sia grandi che medie e piccole, con l’obiettivo di realizzare miglioramenti delle prestazioni operative, attraverso l’implementazione di sistemi informativi denominati E.R.P.. Il sotto prodotto di questa attività, era quello di favorire un cambio culturale di impresa attraverso l’adozione di una “nuova” modalità operativa di lavoro cosi detta “per processo”.
Erano gli anni ’90 ed ero molto giovane, e assolutamente convinto che l’adozione di questi nuovi strumenti tecnologici avrebbe portato realmente benefici tangibili all’interno dell’aziende anche in termini culturali/organizzativi.
Qual è la lezione che ho imparato?
La troppa convinzione nei benefici derivanti dalla tecnologia, ha contribuito a far sì che un’intera generazione di consulenti (me compreso), sottovalutasse ampiamente invece, l’aspetto biologico, intendendo con questo, le persone che avrebbero dovuto poi utilizzare questi strumenti. Da quì il fallimento di alcuni importanti progetti, per via, si diceva allora, “della troppa rigidità dello strumento” a livello di utilizzatore finale. Di tutta risposta, con grande arroganza di noi consulenti, attraverso azioni sul top management ottenevamo che l’adozione di questi strumenti venisse a volte anche imposta. Non è difficile immaginare il risultato in termini di costi sia economici che di “energia psicofisica” che questi progetti hanno drenato.
Oggi non mi definisco più un consulente, ma più semplicemente uno “canta storie” (story teller come si dice in inglese che suona meglio), ovvero una persona che non ha la pretesa di “formare” nessuno, uno che non vuole essere un “business coach”, ne tanto meno uno, che attraverso “le numerose 5 regole per il successo”, suggerisce improbabili strategie per l’azienda.
Voglio essere semplicemente una persona che attraverso il racconto delle sue esperienze e dei tanti errori fatti, cerca di condividere un’approccio che tende trasformare gli errori in vere opportunità di miglioramento. Oggi la mia passione più grande è quella di condividere “nuove vie” affinché sia possibile conoscere quanto più possibile il proprio modo di pensare e di agire.
Attraverso Performance Mindmi sono dati l’obiettivo di condividere una metodologia che consenta di indagare quei tratti della personalità (temperamento) che determinano i comportamenti delle persone. Le organizzazioni e il management, potranno trarre grande vantaggio cercando di costruire su queste esperienze, uno schema generale all’interno del quale attivare le giuste relazioni e comportamenti tra le persone, in funzione di un’obiettivo comune.
Massimiliano Baiocco
Fondatore di Performance Mind